Chi siamo

No, non è andato tutto bene.

La pandemia ha dilaniato idealmente e materialmente l’Occidente, che pur aveva affermato nel corso dei passati decenni la propria essenziale centralità nelle relazioni internazionali, economiche, finanziarie e politiche del pianeta.

Le cittadelle della globalizzazione neoliberista sono state prima inondate e poi travolte dagli effetti combinati dell’emergenza sanitaria e della conseguente crisi economico-sociale, disvelando i propri limiti e le proprie insanabili contraddizioni.

Il primato dell’area nord-atlantica è oggi fortemente messo in discussione. L’idea di un mondo globalizzato, unificato una volta per tutte sotto la guida dell’unipolarismo statunitense e con un prevalente e indiscusso modello di produzione non ha retto all’urto della Storia.

Questi cambiamenti hanno coinvolto e segnato tutte le generazioni.

Siamo un gruppo di giovani, attivi nell’associazionismo, nell’impegno civile, sociale, politico, culturale. Siamo studiosi, lavoratori, cittadini, donne e uomini che vogliono superare questo tornante storico inedito, alimentando un’intelligenza collettiva, per discutere, confrontarci – tra di noi, con altre realtà organizzate e singole individualità – su un ampio spettro di temi.

Non vogliamo tornare alla normalità, perché la normalità era il problema.
Una normalità che valorizza solo gli aspetti dell’esistenza umana che sono considerati profittevoli, che circoscrive le nostre vite in un impianto integralmente produttivistico, che concepisce ogni questione in termini puramente quantitativi, che riversa sui singoli le responsabilità di un intero sistema e trascina noi tutti in una spirale di imbarbarimento tale da configurarsi come una vera e propria crisi di civiltà.

Senza un’adeguata riflessione circa le modalità di un mutamento sostanziale dei presupposti, delle strutture e dei fini del modello sociale e produttivo egemone in Occidente, nell’immediato futuro si andrà incontro alla prospettiva di una “resilienza” da parte dell’ordine neoliberale e alla fine del suo stato di temporanea “sospensione attiva” nel contesto dell’emergenza.

La pandemia deve essere quindi l’occasione per un cambio di paradigma. Serve apprendere la lezione della crisi, a partire dalle esperienze statuali e internazionali che meglio hanno saputo affrontarla. Siamo mossi da valori, idee e convincimenti che ci guidano, come stelle fisse in un lungo viaggio.

  • Crediamo nelle opportunità e nella necessità che si affermi, a livello internazionale, un nuovo universalismo, che unisca l’umanità in un futuro condiviso. Sosteniamo un mondo multipolare, fondato sulla comunione di destino di popoli e Paesi, sulla pace, sulla cooperazione, sul rispetto di sovranità e autodeterminazione.
  • Il nuovo modello di sviluppo sarà giudicato positivamente solo se potrà affrontare in maniera decisiva l’attuale crisi climatica, che oramai si configura come una vera e propria emergenza ambientale. Occorre individuare e circoscrivere quelle che sono le responsabilità individuali, i comportamenti virtuosi che il cittadino può adottare in prospettiva di una transizione ecologica, per poi distinguerle invece dalle responsabilità collettive, di sistema. La delicata sfida che siamo costretti ad affrontare richiede infatti di ripensare il nostro ruolo sul pianeta non più alla luce dell’antropocentrismo, ma dell’equilibrio ecologico con il resto della biosfera; richiede una messa in discussione del nostro sistema produttivo, economico e finanziario, al fine di subordinare la produzione non all’interesse privato, ma a quello della pubblica utilità.
  • È urgente, di conseguenza, ridiscutere il rapporto tra Stato e mercato affermatosi nelle società occidentali. La proprietà privata – diritto garantito per il costituzionalismo democratico-sociale, non più assoluto come nella tradizione liberale precedente – è irrinunciabilmente subordinata al primato degli interessi generali e inscindibilmente legata all’assolvimento della funzione sociale.
  • Per perseguire il benessere complessivo della società l’attività economica e produttiva ha bisogno di coordinamento e indirizzo. Moderne forme di politica intesa come “progetto”, come programmi e piani, pubblici e democratici, sono necessarie e improcrastinabili. Sono queste le caratteristiche di governo dell’economia che, ad esempio, hanno consentito di superare positivamente persino gli shock più imprevisti e devastanti.
  • Vogliamo ripensare e riorganizzare la gestione della “cosa pubblica”. Punto fondamentale di questa esigenza è coniugare insieme efficienza e democrazia. Siamo convinti che sia all’ordine del giorno una nuova democratizzazione delle istituzioni, ponendo al centro la rappresentatività delle stesse. Accanto a ciò, è necessario disciplinare nuove e più incisive forme di democrazia diretta, espresse tanto nei confronti delle istituzioni, quanto in altri contesti della vita sociale, ad esempio nei luoghi di lavoro.
  • Il lavoro e la sua emancipazione sono punti di riferimento fondamentali. Le lavoratrici e i lavoratori, in primo luogo, rappresentano l’essenza reale della società, l’articolazione di quest’ultima, la concretezza dei bisogni. Oggi, affermare il diritto al lavoro significa rivendicare un diritto sociale, tanto più nell’epoca dell’incremento dell’automazione, della digitalizzazione e dell’avvento delle nuove forme di lavoro agile e telelavoro.
  • Abbiamo la necessità di ripensare il lavoro e le nostre città davanti alle possibilità aperte da digitalizzazione e automazione. Il modello di sviluppo produttivo e economico, assieme ai processi di urbanizzazione adottati, hanno favorito poche grandi metropoli, dove si sono concentrati possibilità ed investimenti. I lockdown forzati, il south-working ed il distanziamento sociale hanno dimostrato che un’alternativa può essere praticata, pur con le sue nuove questioni aperte quali l’atomizzazione dei lavoratori e il prolungamento senza regole dell’orario di lavoro. Esistono grandi interessi finanziari per mantenere le torri d’uffici che svuotano i centri cittadini dai loro abitanti e le fabbriche senza macchine ma piene di lavoratori sottopagati. Tuttavia, serve oggi una consapevolezza diffusa delle possibilità aperte dalla tecnologia per liberare il lavoro e le città.

Siamo interessati a tutti i temi direttamente investiti da questo passaggio epocale, dalle prospettive internazionali alla rigenerazione delle comunità locali, passando per l’ecologia, le nuove frontiere del progresso tecnico scientifico, la relazione tra diritti sociali e civili (rifiutando la gerarchizzazione tra libertas maior e libertas minor), l’economia e a tutto quello che è intorno e dentro alla nostra società.

Per questo abbiamo dato vita ad ASTER – Associazione Transizione È Rinascita. Un luogo per raccogliere e confrontare, in modo accogliente, riflessioni, orientamenti e studi, dal carattere anche plurale, su come questa pandemia abbia già segnato il nostro tempo e su come possa determinare il nostro futuro.

Siamo consapevoli che questa “intrapresa” sia tutt’altro che banale, eppure ne avvertiamo fortemente l’urgenza. Per questo abbiamo deciso di muovere i primi passi in un percorso di ricerca, approfondimento, discussione e confronto, che ci conduca verso il mondo del domani, che vogliamo rigenerato, giusto ed eguale.